Azione cattolica, con lo sguardo verso i trentenni!
Una canzone di Paolo Simoni – Io non mi privo – ha fatto un po’ da guida al nostro campo diocesano tenuto questa estate. In fin dei conti descrive bene lo stato d’animo dei trentenni. L’età di molti che hanno partecipato al campo, momento che per la prima volta ha visto la partecipazione di giovani e adulti insieme, a riflettere proprio su questa età di mezzo oggi così problematica e feconda. A trent’anni non si è più giovani ma non si riesce ancora ad essere adulti perché il precariato di fatto impedisce a questa generazione di mettere su famiglia e affrancarsi da quella di origine. A trent’anni però si è anche nel mezzo di quella grande esperienza di generosità che è l’impegno educativo ed associativo. I trentenni sono l’ossatura portante dei nostri gruppi, basta guardare l’anagrafica del consiglio diocesano ad esempio e dei presidenti parrocchiali. A loro dovevamo qualcosa in termini di gratitudine e di cura educativa. Volevamo rimetterli al centro della nostra proposta e per questo abbiamo chiamato anche le altre generazioni a stringerci attorno a loro. Agli adulti abbiamo chiesto di parlargli con la vita più che con le parole, di dirgli che l’età adulta è alla loro portata ed è bella, che essere meno giovani non è una sciagura e che ogni età porta con se i doni inauditi del Signore. Ci serviva un’esperienza di campo per rendere tutto questo visibile e credibile. Ci volevano le messe celebrate nella stupenda basilica di Santa Rita a Cascia insieme ad altre centinaia di pellegrini e animate da noi. Ci voleva il silenzio della preghiera personale e i gruppi intergenerazionali, ci voleva che ognuno si misurasse con la narrazione della sua storia in forma artistica e che un adulto come Eraldo Affinati venisse a raccontarci la sua giovinezza, facendoci assaporare il gusto della narrazione profonda di se stessi e della condivisione. Ci voleva che ognuno facesse un passo verso gli altri: facendo giocare il più piccolo, ascoltando il più anziano, condividendo la fatica della precarietà tra i giovani e quella del far crescere i propri figli fra le giovani coppie. Ci voleva un campo di Azione cattolica. Per ricordarci che la Chiesa e la città in cui viviamo ha bisogno della nostra cura e responsabilità. Perché occuparci del bene pubblico, come ha spiegato Rita Visini, assessore regionale al sociale nella Regione Lazio, per uno di Ac è semplicemente essere se stesso. Quello che rimane di un’esperienza così e delle altre che in diocesi abbiamo vissuto in quest’estate coinvolgendo oltre duemila persone in 12 esperienze di formazione è il volto di una chiesa vivace, capace ancora di raccontare il Vangelo nell’ordinarietà dell’esperienza cristiana, dentro le 40 parrocchie che cerca di servire, al fianco dei sacerdoti e nella condivisione appassionata della guida del suo pastore, il vescovo Mariano Crociata. Quest’anno l’Azione Cattolica celebra il suo 150° anno di vita, noi che abbiamo l’onore di servirla confidiamo, in Gesù Cristo, di saperne mostrare ancora il suo volto migliore.
Articolo a cura di Alessandro Mirabello (Presidente Ac diocesana)
Articolo apparso su Avvenire – Lazio Sette del giorno 11 settembre 2016.